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Questa sarà lunga…

è finalmente è arrivato il giorno. La maratona di Trieste, 12esima Maratona D’Europa che ho scelto come il mio debutto sulla mitica distanza 42,195 km. Scelta calibrata, compromesso fra difficoltà e bellezza del percorso. Perchè io corro non solo per correre, corro per viaggiare e conoscere, è un mezzo con cui ho scelto di gustarmi la vita.

8 maggio presto ci troviamo davanti all’albergo: io, Francesco che si è prestato a farmi da pacemaker, Salvo ed Enrico. Saliamo sul pullman in cui facciamo il viaggio alla rovescia per arrivare al punto di partenza. Sarà percorso diverso per ognuno di noi, spero di non rovinarvi il racconto dicendo già adesso che è stato successo per tutti.

Già alla partenza mi rendo conto che ho scelto bene: pochi partecipanti, il sole e l-ombra degli alberi. Manca l’atmosfera di una grande gara che può intimidire una principiante come me, anche se non mancano gli atleti bravi. Con Francesco ci mettiamo in penultima gabbia e ripassiamo la strategia di gara. Incontriamo Daniele, il pacemaker di 4.45 che ci accompagnerà nei diversi pezzi del percorso. No, non lo sento ancora o magari non lo sento più: lo stress. Il viaggio sta per ricominciare. I primi km del percorso mi fanno pensare ad una tapasciata sia per la lentezza e tranquilità dei miei passi, sia per il paesaggio: villaggi con la gente che ci saluta sorridendo. E qui comincia anche il mio ‘viaggio con gli altri podisti’, non ridete,non è ‘Il canto di Natale’ di Dickens… Nel primo pezzo mi è venuto in mente Ettore Comparelli, grazie a cui ho scoperto l’immenso mondo di tapasciate in cui la gente ti ringrazia che hai scelto di correre in loro paese, in cui puoi correre fra prati, boschi, mulini e invece di sali minerali ti prendi un pezzo di crostata e anche un bicchiere di vino..Durante questo primo pezzo della maratona ho visto tifosi di 3 anni, la gente in occhiali a forma di cuore e tanti tanti sorrisi. No, ancora niente vino.

Poi è arrivato il pezzo che mi ricordo a tratti, paesagisticamente mi diceva poco ma mi è venuta in mente Laura Colucci, che secondo me potrebbe correre in qualsiasi posto nel mondo e Marte, strafelice di poter correre,il suo entusiasma non finisce al 42,195 e secondo me ha cappelli ricci a causa dell’energia che non le sta dentro. Mi sono ricordata quando mi tranquilizzava prima della maratona: ‘non ti preoccupare, mangia quello che vuoi e divertiti, andrà benissimo’.

Pian piano si avvicinava 30esimo km e anche l’inevitabile domanda: quando arriverà la crisi? L’hanno avuta quelli più bravi di me, maratoneti non alle prime armi. 30esimo, 33esimo, 35esimo? E cosa arriva dopo 35esimo? Quando scoppierò?

Amy Sherman, amica, piccola grande donna che ho invitato a iscriversi ai Road, mi ha mandato nei giorni precedenti la citazione di gen .Patton che finisce con queste parole

‘You’ve always got to make the mind take over and keep going’.

devi farsì che la mente prenda il controllo e devi andare avanti


Alla fine è più pigrizia che stanchezza. ‘Hai già fatto tanto, prenditi un po’ di pausa. Sarà la mia mente che mi sta sussurrando, ma in questo momento si avvicina Daniele: ‘Ti ha lasciato? Fregatene, pensa dal collo in su!’

E poi..quando meno te l’aspetti la bellezza ti prende e ti porta via..vedo il mare, vedo Trieste, ancora lontana, brilla nel sole che ormai mi ha bruciato le braccia e il viso. Pensavo che a questo punto non avrei apprezzato il paesaggio, perchè come dice Fabrizio Così, capitano dei Marziani : la maratona è la sofferenza, non pensare che non soffrirai. Ma Trieste ho scelto per questa bellezza che si stende davanti a me: mare cozzerie castello sole aria che sa di sale.

‘Ok, adesso anche volendo non puoi non arrivare’ sento il mio ‘gabbiano’ Francesco ‘vai come ti pare. Ormai ci siamo’. Mi frenava tutto il percorso sapendo che per rafreddare la mia testa non basterebbero tutti spunaggi della maratona. Adesso posso andare come cozza mi pare.

Corro. Dopo un po’ sento sento male nel mio ginocchio sinistro. Ci corro sopra..no, dolore è troppo forte. Cammino. Corro. Dolore. Cammino e corro. Strategia per ultimi due km? Camminare abbastanza veloce per poter finire correndo. Mi sento buffa, come pirata con la gamba di legno, ma se ho capito qualcosa in questo viaggio e che l’orgolio lo devi lasciare al primo ristoro. Sei tu il viaggio e se alla terza o quarta domanda ‘ma siete voi gli ultimi?’ non sorridi, diventerai l’ultimo.

Ho tagliato il traguardo pochi secondi dopo Daniele, percorrendo ultimi metri con ginocchio dolorante, sul tappeto quasi vuoto e con Francesco al mio fianco. Per tanti di voi sembrerà l’eternità 4h 45 min 6 sec ma è stata la mia gara, il mio tempo e le mie gambe. Oggi sorrido. Si, sono sono lenta ma sapete che c’è? Ho avuto la testa e il cuore per presentarmi alla partenza e farmi sti 42 km. E ho aggiunto addirittura 195 m perchè tanto mancavano solo quelli al traguardo. Io c’ero: grata per ogni passo, presente in ogni momento.

Hanna

P.S. Giusto per svelare alcuni miti: dopo 35esimo km arriva 36esimo. Semplice.

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